venerdì 4 dicembre 2009

Per capire

Francesc Pedró: per capire quel che sta accadendo
Una parola sui sistemi d'apprendimento

di Francesco Vettori
18 Aprile 2006
Francesc Pedró è attualmente senior analyst presso il Centre for Educational Research and Innovation della Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD).

Lo spazio e il tempo dell’apprendimento stanno cambiando, ma stanno cambiando anche l’insegnare e gli insegnanti? E quali nuove pratiche contribuiscono a trasformare la didattica? Penso che i più concordino sul fatto che la maggioranza degli insegnanti faccia quel che può per migliorare le proprie pratiche di insegnamento, pur entro i limiti del ragionevole. Il fatto è che le autentiche innovazioni nell’insegnamento o gli autentici insegnanti che innovano arrivano a malapena a rappresentare il 10% della forza di insegnamento in tutto il mondo. E la ragione non è imputabile alla complessità delle tecnologie ma per un verso alla mancanza di un sistema di incentivi a favore degli insegnanti che promuovono innovazione e miglioramenti e per l’altro alla mancanza di modelli di insegnamento più flessibili. Venendo a mancare questi incentivi e guida, perché dovrebbero investire tempo e sforzi maggiori di quanto non sembri loro ragionevole? Oggi a scuola si fa molta più attenzione agli strumenti tecnologici con Internet e il computer in primo piano, eppure il comando più usato per il computer rimane “copia e incolla”: come spiegare questo divario? Dal mio punto di vista è una questione di impegno e preparazione. “Copia e incolla” è il modo più facile per produrre un pezzo di qualcosa. Ma nessuno può sostenere che così facendo si scopra o costruisca conoscenza - è semplicemente un modo di avere meccanicamente a che fare con l’informazione, e non sostanzialmente. Hai ottemperato un compito/uno scritto, ma in realtà non capisci che cosa vi hai messo tu - e quindi non impari nulla. Se questo fosse il solo modo per interagire con il computer e internet, dovremmo lasciarli perdere a meno di non puntare ad avere cittadini passivi. Dunque, il computer e internet dovrebbero stare in classe non solo al fine di usarli a compier compiti, ma anche perché questa è la sola maniera grazie alla quale gli alunni possono imparare come usarli efficacemente e sapientemente - purché ci sia un insegnante che li accompagna in questo processo. Non sono soltanto strumenti, come carta e penna. Piuttosto essi sono dei dispositivi che mediano l’informazione e soltanto un loro uso appropriato riesce a trasformare questa informazione in conoscenza.Pensando alla “compressione del tempo e dello spazio”, per cui sembra non esserci abbastanza tempo e spazio per nulla, che cosa crede che gli studenti abbiano perso e guadagnato rispetto a qualche decennio fa, con così tante occasioni di comunicazione?Ci sono chiare prove che mostrano che le due maggiori perdite sono il gioco naturale, che interagisce con oggetti reali e altri bambini, e la comunicazione faccia a faccia - invece che via tastiera e schermo. Riguardo a ciò, è spesso citato che la gente trova più facile comunicare per email o sms che di persona, poiché non c’è bisogno di mostrar stessi come realmente si è. Ma penso anche che di queste perdite la responsabilità non sia degli alunni ma nostra.Per altro verso, gli alunni hanno molto guadagnato in termini di rottura delle barriere di spazio e tempo. Possono comunicare con altri giovani di tutto il mondo, tanto da cominciare a sentirsi veri cittadini del mondo che conoscono culture, problemi e speranze di altri posti. Hanno guadagnato un mondo sulla punta delle loro dita. E noi dovremmo aiutarli a far di questo il miglior uso, a partecipare attivamente alla creazione della società della conoscenza e prevenirli dal diventare masse digitali invece di attori reali.